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LA GERUSALEMME LIBERATA
Nel Settecento, l'Arte del Libro - superata l'ampollosa ornamentazione secentesca - raggiunse a Venezia livelli altissimi: editori, stampatori e incisori - malgrado le inevitabili lotte, le avversità, le incomprensioni o l'indifferenza di governanti e collezionisti - ottennero risultati degni dei ben più illustri e famosi predecessori del Rinascimento. In proposito, basta ricordare che nel Viaggio in Italia del 1740, Johann Caspar Goethe, dopo un soggiorno a Venezia, scrisse che lì la stampa è assai polita e non la cede a quella delle altre nazioni; e che Thomas Salmon, nel 20° volume dello Stato presente del Mondo, scrisse che taluni de' nostri Stampatori son giunti in questi ultimissimi tempi colla nitidezza della carta, colla pulitezza de' caratteri e cogli ornamenti di bellissimi intagli di rame, ad uguagliare le più magnifiche edizioni oltramontane, facendo fra le altre molto onore alle Stampe veneziane la superba edizione in foglio della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, fatta nell'anno 1745 da Gio. Battista Albrizzi colle figure di Gio. Battista Piazzetta. Questo volume è dunque il motivo di questa lussuosa e perfetta ristampa anastatica della I edizione dell'opera, caratterizzata dal ritratto di M. Teresa d'Austria anziana, e dalle dediche con stemmi nelle incisioni a piena pagina che precedono ciascuno dei venti Canti: la Gerusalemme liberata, il più grande poema scritto dal dolcissimo Torquato Tasso e illustrato da Giovan Battista Piazzetta, - tra i massimi pittori e incisori dell'arte italiana del '700 -, è il più bel libro veneziano in assoluto, e oggi è tra i libri figurati antichi, uno dei più rari e dei più preziosi sul mercato antiquario. Per questo eccezionale volume in folio, il Piazzetta disegnò con brio e felicità d'invenzione ben ottantatrè composizioni, - oggi, purtroppo, sempre più spesso staccate dai pochi esemplari in circolazione dell'opera, per farne autonome incisioni da esporre in lussuose cornici -, sfoggiando una piacevolezza che fa passare l'osservatore di meraviglia in meraviglia. In una lettera Torquato Tasso dice di avere tre patrie: Sorrento (il luogo della nascita e della prima infanzia), Napoli (la città della madre Porzia de' Rossi: altrove la chiama sua "matria"), Bergamo (la città di origine dei Tasso: altrove la chiama sua "patria"). La nascita sorrentina del Tasso fu ben presto messa in discussione, ma il Serassi, nel Settecento, attribuiva il dubbio ad una confusione fra il Poeta e un fratellino, anch'egli di nome Torquato, morto in tenerissima età, che invece era nato a Salerno. La città Natale del Tasso mantiene vivo l'interesse per il grande poeta. Benemerita, in tal senso, l'Associazione Studi Storici Sorrentini la quale, tra l'altro, pubblica annualmente gli Studi tassiani sorrentini, giunti al nono numero. Torquato Tasso nasce, dunque, a Sorrento l'11 Marzo del 1544 da Bernardo, letterato, e da Porzia de' Rossi, napoletana ma la cui famiglia aveva origini pistoiesi. Varie città, come nel caso di Omero,si contesero il privilegio di essere la patria del tasso, notava il Serassi: Sorrento per la nascita, Napoli per la madre e per l'educazione, Ferrara "per la dimora fattavi oltre a vent'anni", Bergamo per la famiglia e l'origine paterna. Vien chiamato a Roma dal padre nel 1554, strappato alla madre Porzia, impossibilitata per volontà dei fratelli a seguirlo. Nel 1556 padre e figlio vengono raggiunti dalla tragica notizia della morte di Porzia. Questi due avvenimenti trovano eco straziata e dolente nella canzone al Metauro: Me dal sen de la madre empia fortuna/pargoletto divelse. Ah! di quei baci,/ ch'ella bagnò di lacrime dolenti,/ con sospir mi rimembra e degli ardenti/preghi che se' n portar l'aure fugaci:/ ch'io non dovea giunger più volto a volto/ fra quelle braccia accolto/ con nodi così stretti e sì tenaci./ Lasso! E seguii con mal sicure piante/ qual Ascanio o Camilla il padre errante. E veramente la vita di Torquato fu un continuo errare per l'Italia, da una corte all'altra, ed anche in Francia: Ferrara, Padova, Mantova, Bergamo, Urbino, Roma, Firenze, Napoli. A Sorrento tornerà fortunosamente, per visitare in incognito la sorella, nel 1577, scappando da Ferrara ove era tenuto quasi prigioniero a causa dei suoi disturbi mentali. Morì a Roma il 25 aprile 1595. La fama universale del Tasso è legata principalmente alla Gerusalemme liberata, una delle opere più fulgide della letteratura italiana e di quelle di ogni tempo e di ogni luogo. Oggetto fin da subito di attenzione estrema, al centro di polemiche appassionate, tra due veri e propri partiti, quello degli "ariostisti", sostenitori del poeta dell'Orlando Furioso e i "tassisti", i partigiani del Tasso, appunto, incontrò, sia in vita che in morte del suo autore, sostenitori accesi e detrattori accaniti, essendovi fra gli uni e gli altri anche personaggi molto illustri per altezza d'ingegno: si pensi, tra i detrattori, a Galileo Galilei, il quale amava la linearità e la solarità dell'Ariosto mentre vedeva nella Gerusalemme stento e artificio; si pensi, invece, fra i sostenitori, a Paolo Beni, il quale, nel Seicento, accostò il Tasso ai grandi poeti epici dell'antichità, Omero e Virgilio, dichiarandolo più grande di essi (oltre che più grande dell'Ariosto). Si pensi alla passione con cui parla del Poeta di Sorrento Vittorio Alfieri, al grande interesse del Goethe, il quale compose un dramma su di lui, all'amore del Foscolo - il quale, tra l'altro, dichiarò la grandezza delle Rime tassiane - e del Leopardi, il quale trovava nel grande poeta affinità spirituale e a lui intitolò una delle sue più stupende Operette Morali. I Romantici costruirono un mito sulla pazzia del Tasso che, secondo loro, era un'invenzione dei suoi nemici per farlo soffrire. Anche sui presunti amori del Sorrentino il Romanticismo costruì dei veri e propri romanzi. Il grande critico Francesco De Sanctis ne fece un poeta di età di crisi, di transizione, uno degli "illustri malati delle epoche di transizione". Critici più vicini a noi hanno posto l'accento sulla genuina religiosità del Tasso (fino a sottolinearne componenti ascetiche, come il Petrocchi). |
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