Fu grazie a questa instancabile attivitą cospirativa, condotta in parallelo alla propaganda sui giornali cisalpini e ai collegamenti diplomatici o clandestini con gli agenti francesi, che il 21 gennaio 1799 i patrioti poterono proclamare la Repubblica in castel S. Elmo ancor prima dell'arrivo delle truppe del generale Championnet. Difficile ricostruire nel dettaglio la vita politica dei mesi conclusivi che seguirono: al di lą della produzione legislativa e delle circolari indirizzate a commissari e province, delle cronache del << Monitore >> e degli altri giornali, di diari e memorie, molto fu distrutto alla caduta della Repubblica, sia per ordine regio, sia per motivi di sicurezza personale [ ]
Resta vero il fatto che accanto alla componente generazionale, lo spartiacque culturale fu decisivo - anche se non sempre determinante - nell'orientare le scelte politiche, ancor pił delle appartenenze sociali, e che ad orientare moderati ed estremisti fu soprattutto l'esperienza dell'esilio vissuta prima del '99. A promuovere e ad aderire alla Repubblica furono membri della nobiltą, soprattutto - ma non solo - fra quei cadetti che le carriere militari e la formazione nei nuovi collegi aveva gią indirizzato verso una nuova concezione dell'essere nobile, fondata sul sapere e sui talenti e non sulla nascita; furono uomini di legge, soprattutto avvocati e procuratori che negli ultimi anni si erano impegnati nella difesa delle comunitą contro gli abusi baronali. Trasferendo anche nelle loro perorazioni forensi il linguaggio dei Lumi e l'auspicio di una nuova etą dell'oro; furono ecclesiastici, secolari aperti alle istanze di riforma cattolica e non alieni da simpatie gianseniste, regolari senza vocazione oppure convinti difensori di una fede da riportare alla sua purezza evangelica. Foro, chiesa, milizia: i pił tradizionali ambiti in cui poteva trovar sbocchi la "gioventł studiosa" in una societą di "ordini", furono attraversati al loro interno dalla divisione politica, da scelte diverse, assunte in maniera sofferta. Ma vi furono anche gli uomini delle scienze, delle lettere e delle arti, il cui statuto sociale spesso si confondeva con quello nobiliare o ecclesiastico: medici (l'intero ospedale degli Incurabili fu coinvolto nella vicenda repubblicana), mineralogisti, botanici, chimici (frequentatori dell'Accademia del Lauberg), pittori e scultori, musicisti di quel Conservatorio della Pietą dove il delegato Saverio Mattei aveva trovato nel 1795 << giovani indisciplinati, vagabondi senza subordinazione [ ] languenti dalla fame, e dalla miseria >>, trascurato lo studio della musica, privo com'era di una biblioteca adeguata che Mattei stesso aveva provveduto a rifornire di carte musicali e di libri. Gli steccati della societą d'ordine che dividevano questi uomini, gią incrinati dal loro ritrovarsi all'interno delle societą agronomiche, dei circoli di cultura, delle logge massoniche, crollavano ora sotto i colpi di una legislazione repubblicana che tutti rendeva uguali davanti alla legge. [ ]
Anna Maria Rao
Era la sera del cinque pratile (24 Maggio 1799) e al teatro del Fondo si rappresentava una tragedia dell'Alfieri, il Timoleone: nel palco di Eleonora Pimentel sedevano la bella Luisa Sanfelice, Domenico Cimarosa, Don Luigi Serio e Vincenzo Monti. Bellezza e cultura, musica e poesia rendevano omaggio ai grandi ideali di libertą ed uguaglianza che infervoravano gli animi in quei concitati, febbrili, elettrizzanti, ma inesorabilmente pochi mesi della Repubblica Napoletana. In questo inizio del 1799 Napoli assurse ad un nuovo ruolo di Capitale: non pił del Regno dei Borbone o del Mezzogiorno o della musica operistica, ma dell'Italia tutta in relazione a quei nuovi principi sociali che la Rivoluzione francese aveva irradiato nell'intera Europa. Qui vi fu la prima ed unica vera Rivoluzione democratica del '700 italiano che trovņ innanzitutto nelle risorse umane del luogo, la forza di opporsi al << re Nasone >>, formulando una costituzione in cui, pił che al Codice napoleonico, si guardņ alle esigenze peculiari del territorio e del popolo. Ben noto č il triste epilogo di questo sogno di libertą, tanto pił cruento quanto pił sorgiva e sentita era stata la ribellione: nell'estate del '99 Napoli ed il mondo tutto persero molti tra i pił begli intelletti del secolo a causa della furia sterminatrice della spietata, non meno che depravata, Maria Carolina.
Renata Maione
Sono ritratti forti, talora foschi, tenebrosi e urlanti. Ma sono ritratti che fanno pensare a Goya, ovvero alla rivolta degli spagnoli contro gli occupanti stranieri. I colori laceranti ripropongono l'esasperazione e l'allucinante violenza di alcune opere di Francis Bacon. [ ] De Stefano ci consegna oggi un documento fantastico per forza oppressiva e per genio pittorico che ci consente non solo di ripercorrere gli eventi di quella rivoluzione, ma di immergerci in essi tanto da soffrirne, da urlare, da piangere, o da esserne fieri, come me, che per tanti anni a questi eroi ho dedicato i miei studi e la mia scrittura.
Maria Antonietta Macciocchi